Quel giorno che incontrai il mio personale futuro remoto
Scritto da Miriam Candurro il 8. Novembre 2018
Qui e ora
di MIRIAM CANDURRO
Quando Vincenzo Lipardi e Vittorio Silvestrini si sedettero a prendere un caffè, nel 1986, chiacchierando di una idea folle e geniale insieme, ossia di dare ad un pubblico vasto ed eterogeneo la possibilità di conoscere e toccare con mano la Scienza (e la sua sorella più accattivante, la Fantascienza), forse non avrebbero immaginato che la loro creatura avrebbe tagliato oggi il nastro della 32ma edizione a Città della Scienza, proprio lì dove è nata e cresciuta.
“Guarda Enzo, è la catastrofe”. Furono queste le prime parole che vennero dette a Lipardi, allora giovane laureato in filosofia e rifondatore della casa editrice Cuen, alle 8 del mattino del 20 ottobre 1987.
Quel giorno si inaugurava la manifestazione che avevano preparato fin nei minimi dettagli per un anno. Ma della quale avevano tralasciato un fattore fondamentale, che quella mattina esplose in tutta la sua forza: il successo di un’idea. Nasceva, dopo un anno di studi e ricerche, Futuro Remoto. La catastrofe, quella mattina, era la folla, assolutamente imprevista, che attendeva l’apertura dei cancelli. Giovani, studenti, curiosi, pronti a lasciarsi guidare e stupire da ciò che la scienza poteva mostrare loro.
In mezzo a quella folla, qualche giorno dopo, c’ero anche io. Avevo sette anni e rimasi affascinata e colpita dal viaggio che feci verso un futuro (parola che, per la mia giovane età , richiamava un qualcosa di misterioso e lontanissimo) che a vederlo in quei padiglioni non sembrava affatto remoto, ma tangibile e reale. Da allora il successo si rinnova di anno in anno, e con esso riconoscimenti internazionali per quello che può essere considerato un piccolo spiraglio temporale, un buco della serratura, dal quale sbirciare per immaginare ciò che saremo e per comprendere ciò che siamo oggi.